La Grande Piramide

Racconti

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-Horus-
view post Posted on 8/12/2007, 16:28




Ho notato che alcuni utenti del forum hanno l'interesse comune della scrittura... quindi perchè non aprire un thread sulla poesia ed uno sui racconti?

Qui si può possono postare i propri racconti, indipendentemente dal genere. Buon divertimento :)
 
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-Horus-
view post Posted on 8/12/2007, 18:08




L'ho scritto senza sapere cosa stavo scrivendo, ovvero evolvendo la storia mano a mano che la stendevo. Rappresenta un po' il periodo che sto passando e le emozioni che mi circondano in questo punto della mia vita.
L'ho riletta ed a me piace molto, a voi buona lettura :-)


"Nessuno sapeva dove fosse finito Jacob da quando si era rifiutato di combattere.
C'era chi diceva che fosse morto, chi diceva che avesse intrapreso un lungo viaggio, chi diceva che si era ridotto ad essere poco più di un barbone.
La verità è che avevano tutti ragione.
Jacob era morto, o meglio era morta la sua vecchia vita, la sua vecchia pelle, che si era tolto come si toglie la pelle un serpente.
Ora Jacob vagava,vagava per il mondo apparentemente senza meta, senza desiderio nè direzione.
Da quando si era rifiutato di combattere aveva visto molte cose: le alte montagne bianche, le profonde valli umide, i deserti più rossi e le foreste più verdi.
Da allora non si era più tagliato i capelli, non portava con sè nè lo scudo nè la spada, e vestiva un lacero vestito color arancio e porpora.
Le sue giornate non passavano più sempre uguali, come era consuetudine un tempo, ora erano completamente nuove e spaventosamente imprevedibili.
Sapeva che ogni singolo giorno sarebbe potuto morire per l'attacco di un orso o per uno straniero troppo aggressivo, sapeva anche che ogni giorno avrebbe potuto patire la fame o la sete, il freddo e la solitudine; eppure questo non accadeva mai. Non accadeva perchè non fuggiva queste paure, e loro non avevano motivo di rincorrerlo.
Jacobs aveva imparato molte cose osservando il cammino che percorreva giorno dopo giorno, aveva imparato ad ascoltare il canto delle stelle, che solo pochissimi odono; aveva imparato a parlare i linguaggio dell'acqua che mormora di continuo, quello della terra che parla col silenzio, quello dell'aria che bisbiglia veloce alle orecchie, e quello del fuoco che crepita la saggezza del creato.
Aveva imparato il linguaggio del mondo, e facendo questo aveva appreso il linguaggio di sè stesso, delle sue stelle interiori, dell'acqua, della terra, dell'aria e del fuoco che scorrono nel suo corpo, nella sua mente e nella sua anima.
Erano passate molte lune da quando aveva deciso di non combattere più, e per molte lune il mondo è stato il suo maestro; molta persone aveva incontrato sulla sua strada e molte donne aveva amato come amano i gatti.
Ora il mondo voleva che lui passasse attraverso un deserto, lui da tempo aveva imparato ad ascoltarlo ed ad accettare i consigli che il cosmo raccontava alle sue orecchie, e così una notte decise di entrare nel deserto di Morgana.
Penetrò il confine del deserto quando la falce della luna era alta nel cielo, e i serpenti escono per cacciare le propie prede, poi si distese sulla duna più alta e dormì sotto gli occhi curiosi delle stelle.
Jacob era già sveglio quando il sole aveva superato il confine delle montagne e si tuffava all'insù nel cielo, e così, preso il suo fagotto, si incammino verso il cuore del deserto.
Solo un pazzo si sarebbe addentrato volontariamente verso il centro del deserto in pieno giorno, ma Jacob era un pazzo perchè non sottostava alle leggi degli uomini nè alle leggi della mente.
Dopo ore di cammino il sudore gli cadeva sugli occhi e gli impediva di vedere ciò che aveva attorno, allora si fermò. Il paesaggio era monotono, sempre grandi dune di sabbia arancione avvolte in un mare di luce e sabbia.
Jacob si sedette ed osservò un ombra all'orizzonte.
Era un uomo, alto pressapoco come lui, e gli veniva incontro. Solo quando gli fu vicino realizzò che l'uomo era vestito completamente di nero, con una tunica pesante, e che sul suo viso non c'era nemmeno una goccia di sudore.
Gli chiese chi fosse e lui gli rispose di essere la Morte.
La cupa figura emetteva un vento freddo dalla bocca quando parlava, e la sua pelle era colore della perla. I suoi occhi erano neri e penetranti e sembravano volessero conficcarsi in quElli di Jacob.
Di nuovo parlò e gli chiese se volesse sfidarlo, se avesse vinto gli avrebbe risparmiato la vita, se avesse perso sarebbe andato con lui.
Jacob pensò a quanto gli era capitato durante la vita, e vide le sue esperienze scorrergli addosso come un fiume colorato; vide la sua infanzia, la sua giovinezza, il suo primo amore, provò il tepore caldo del sole di giugno e il freddo invernale che tempra lo spirito. Nella sua mente rivide i suoi genitori, il sorriso di sua nonna, le spade dei suoi compagni ed il cielo quando piove e c'è il sole.
Il suo cuore era colmo di vita, la sua mente libera come il vento, si accorse che i suoi occhi erano bagnati; si alzò guardo la Morte in faccia e distese le braccia orizzontalmente mostrando il petto agli artigli dello straniero, senza porre nessuna resistenza.
La Morte estrasse una lunga falce ricurva e scaricò il colpo con grande violenza e determinazione in pieno petto.
Jacob udì un boato assordante, come mille tuoni, e si ritrovò a terra.
Intorno a lui non era più il deserto, ma il villaggio della foresta dal quale era partito. La sua veste era squarciata all'altezza del petto ma il suo corpo non era ferito.
Nella mano destra stringeva una chiave d'oro.
Realizzò che tutti gli uomini sono immortali."

Edited by -Horus- - 8/12/2007, 18:53
 
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Signore_delle_Maree
view post Posted on 8/12/2007, 21:52




Salute a voi, compari.
Io vorrei proporre dei miei scritti che potrebbero sembrare una via di mezzo fra racconto e poesia. Qualcosa di molto triste e malinconico, obliato oserei dire...
Non voglio essere d'insegnamento a nessuno [come alcuni autori vorrebbero essere], mi limito a decantare i miei dolori sperando, perlomeno, di confortare coloro che piangono assieme a me nella tetra notte :lol:
Saluti
Gabriel SdM

Comincio con quella che ho in fima.
P.S.: Naturalmente, il materiale che metto qui per iscritto è protetto da copyright. Se qualcuno vorrebbe pubblicarla è pregato di chiedere il permesso al sottoscritto. [Scusate ma ci tengo molto..]

Bloody Fate
"Orme insanguinate senza ombra, volgono al tuo retro come morte. Tristo di una triste sorte appresso errante, mai vi fu orgoglio più grande di vagare, guardiano di una morte che visi fa lagrimare, tombe su campi di battaglia. Imparare dalla vita lezioni mai assegnate, cercare nelle tenebre una tenue luce argentea, lacrime d'oblio, luce del nord. Scalare una montagna d'infinita tristezza, senza mai arrivare alla cima. E quando credi di avercela fatta, sappi che la salita non è ancora cominciata. L'eroe, quello vero, è sempre solo. Mai s'appresta al suo seguito schiere di uomini e legioni. Poichè la legione gli è contro. Provare amore senza mai demordere, provare sempre una volta in più, fino alla fine. Ma la fine non esiste. E mai l'amore volge oltre il buio. Sorrisi, gioia... passeggeri; acqua di torrente. Spurtare sangue per una donna che mai sorriderà al tuo triste viso immortale, mai segni d'amore, mai sogni di speranze. Eppure, la fuga è li, così vicina da poter toccare, eppure tanto lontana da raggiungere... E, oltre il pianto... Meraviglia! Non pianto, non risi, nè gioia. Altro buio. Oltr'anima sentirsi chiusi e morti, erranti per nostalgia, terrore, rancore. Illusione d'uomini mortali. Sete di sangue nelli occhi decomposti, mortale epidemia che contagia cuore e mente. Fuggire da questo tormento finale, fuggire dalla volontà di esistere, fuggire dall'orrore della vita. Continuare a vagare, questo è destino. Fin quando i macigni sulla via non son rotti, e il cammino spenzierato. Anima e corpo nel dolore. Camminare nel buio, di nuovo solo, nel terrore demoniaco che mai ha fine. Impugnare la propria spada, e correre verso la battaglia, contro questo crudele mondo, contro questo infausto destino che mai fu sì grande una maledizione. Correre, verso il sangue... verso se stessi..."
-Gabriel SdM-

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Eccone un altra, sempre dello stesso filone "drammatico".
Non pretendo che in molti capiscano questo stile [che in effetti potrebbe far ridere alcuni, anche se non c'è niente da ridere...], ma spero che lo troverete perlomeno apprezzabile.
saluti
Gabriel SdM

Over the Storm
"Non credevo fosse davvero possibile... ma è così. Inutile combattere una guerra senz'armi, consci dell'imminente sconfitta. Inutile predicare amore senza aver conosciuto odio. Quell'odio che ti ditrugge dentro e cancella tutte le tue sicurezze, amplifica le tue paure, cancella i buoni sentimenti e ti getta in un baratro senza fine. Un baratro che ha nome Tristezza. Due tipi di uomini si affermano su questa tesi: quelli che sono ottimisti e che vedono oltre le nubi al tramonto; e quelli consci che la bontà non affiorerà mai più nel loro misero cuore. I primi continuano a vivere secondo le regole, lasciandosi alle spalle un pezzo di vita. Gli altri guardano in se stessi e pensano. Si chiudono spesso nella morsa della solitudine; sanno che quell'evento straordinario che ha fatto provare odio e tristezza ha segnato la loro vita, cambiandola radicalmente. Ed allora la mente dei "Tenebrosi" comincia ad infettarsi di bizzarre idee sulla morte. Alcuni pensano al suicidio. Altri tirano fuori le palle e combattono. Cupi nell'abbigliamento, malvagi i loro modi di pensare e di agire; i loro unici pensieri sono rivolti spesso alla vendetta e alla violenza. Grazie ad essa, tutto si risolverà: mi innalzerò su questo mare inumano chiamato mondo e farò sentire la mia voce oltre le nubi. Solitari, assassini e pessimisti. Per di più, come se le cose non andassero già per un brutto verso, la vita gli si volta contro: gli amici li sputano in faccia, i nemici si fanno più numerosi delle stelle nel cielo notturno. Ed è allora che il "Tenebroso" cerca un modo per esprimere il proprio sconforto: scrive, disegna, recita, suona e canta. Ma i suoi versi non sono che grotteschi, i suoi disegni scarabocchi di angeli caduti, e la sua musica un inno verso orride creature del buio. Sogni andati distrutti per sempre, persi nel Baratro. Si scoraggia sempre di più: non eccelle nelle arti, nello studio non fa progressi e lo disprezza, e fra le donne non è amato ma allontanato come dèmone. Allora si avvicina alla spiritualità, per cercare di risollevarsi dalla melma. Cerca Iddio potente fra le nubi; invoca il suo nome, innalza preghiere ed orazioni. Tutto Inutile. Ma il "Tenebroso" è assai testardo. Oltre a massacrare chi intralcia il proprio cammino, prosegue a testa alta e senza scrupoli verso una prefissata méta. Fin quando non ottiene ciò che vuole. Continua la sua ricerca. Conduce vari esperimenti a carattere morale. Scopre quindi l'occulto, e vi si immerge con sommo piacere. Sceglie i due cammini: Buio e Luce. Senza disprezzare nè l'uno nè l'altro, si tormenta sui vari quesiti che hanno massacrato l'uomo per millenni. Tenta dunque un cammino: le tenebre, l'elemento che tanto ha torto la sua vita sino a quel punto. Inizia avvicinandosi al mondo démoniaco, legge opere di filosofia occulta e invoca spiriti d'oltremondo. Anche qui non riceve altro che vane risposte, altri quesiti e paure nascoste tornate a galla forzatamente. Tenta un altro passo. Ed è qui che commette terribili sacrifici in onore dei suoi oscuri padroni dell'Inferno: animali, uomini se possibile. Sogni di terrore oscurano la sua mente nel sonno. La corda è troppo tesa, e non può più sforzare. Chiede conforto nella Luce, cambiando direzione verso di essa. Gli incubi allentano la presa, ma la tristezza stringe la sua mente come terribile morsa. Ed è allora che si ritrova a scrivere versi d'andate credenze, filosofie ignote o inventate. Continua a sentirsi solo e triste. Tenta di trovare un cammino diverso. Capisce, alla fine, di essere tornato al punto di partenza. Molla tutto, e si lancia verso il suo terrore, aspettando la fine tanto agognata..."
-Gabriel SdM-
 
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nightghost
view post Posted on 14/12/2007, 23:00




Il buio era penetrante, oltre quella porta, sembrava di poter respirare come fumo denso l'oscurità. I pensieri si rincorrono per poter riaffiorare come paure attraverso la pelle, tremando e sudando freddo. Ma io non volevo aver paura e stringevo i pugni per bloccare le mie energie ed evitare di perdere il controllo.
Io ho voluto trovarmi in quel posto, le scelte piu difficili che non potevo rimandare mi hanno portato a questa unica soluzione.

E' difficile nel buio guardarsi attorno senza vedere i fantasmi delle proprie paure, e le ombre delle proprie insicurezze. E' difficile nel buio fare passi avanti senza la paura di peggiorare la situazione. Ma il destino si sa lo dobbiamo affrontare, restare immobili non giova a nessuno, tantomeno a noi. Per questo decisi di fare un passo, e poi un'altro. All'inizio vagavo senza sapere cosa cercare, semplicemente speravo prima o poi che cambiasse qualcosa.
Un passo dopo l'altro ho scoperto che cominciavo a familiarizzare con questa sensazione, si il buio poi non era cosi nemico, semplicemente mi impediva di vedere la stanza com'è, ma se avevo il coraggio di immaginare una stanza positiva potevo tranquillizzarmi. Certo non come immaginare attorno a me mostri di chissà quale genere... Ma il pensiero positivo, visto che potevo usare la libera immaginazione non vedendo cosa mi stava attorno, mi ha aiutato molto.

Fino a quel momento brancolavo nel buio, ma poi ho capito che dovevo tentare di usare tutti i miei sensi rimasti, oltre la vista. Ho cominciato così ad allungare le braccia, percepire gli spostamenti d'aria, cercare le pareti...
Ero forse chiuso in una stanza senza via d'uscita? Ero forse all'aperto, senza la possibilità di punti di riferimento? Di una cosa ero certo, da una porta sono entrato, e da questa, posso uscire.

Alcuni momenti perdevo la speranza, e mi accasciavo al suolo stanco e senza voglia di continuare ma per quanto stanco io fossi, ero bloccato in quella situazione e non c'era modo per uscirne se non dandosi una mossa.
Così mi rialzavo, e iniziavo lentamente a riesaminare attorno a me.
Spesso ritrovavo le stesse forme, o lo stesso noioso buio dove le mani affondano a vuoto e dove speravo di trovare un appiglio in realtà perdevo l'equilibro.
Ma mi sono sempre rialzato, nonostante spesso non lo volessi, per continuare senza arrendermi. Noncurante delle ferite, le lacrime agli occhi, la stanchezza psicologica ormai insostenibile...
Stanco della situazione, così vuota e ripetitiva, stanco al punto tale che vorresti buttarti a terra e non rialzarti piu se non per lanciare l'ultimo grido di dolore prima di morire... Ma lo stesso vuoto che provavo in realtà mi spingeva ancora piu avanti, un passo dopo l'altro, non importa se forse camminavo in tondo, non mi importa se forse avrei continuato all'infinito, volevo insistere.

Mentre proseguivo cautamente affondando nel buio gelatinoso, al posto della paura ora di pensieri ne avevo altri. Erano i ricordi di ciò che sono stato e di ciò che volevo essere, ricordi di tutti i valori che avevo un tempo e quelli che mi stavano comparendo sempre piu nitidi nella mente... L'idea di ciò che volevo diventare...
Allora mi sedetti ed incuriosito ascoltai i miei pensieri.
Lasciando spazio a tutte le idee che vagavano nella mia mente, cominciarono a mettersi in ordine diligentemente. Era divertente del resto, ascoltare i miei pensieri trovare la giusta locazione ed adagiarsi li... Come se fossero vivi...
Era divertente essere isolati da tutto e poter una volta tanto entrare nella propria mente e vedere cosa c'è dentro...
Pensandoci bene mi accorsi che quell'incubo, quella stanza buia, non era poi così male. Non riuscii a trattenere una sonora risata quando realizzai questo...

Ma fu allora che qualcosa cambiò... Davanti a me vidi brillare chiaramente nel buio, come una fioca luce verde, un oggetto. Lo sfiorai con una mano e mi accorsi che aveva la forma di un'interruttore...
Rimasi un attimo ad assaporare quel buio che ora sentivo così amico, cosi intimo, e poi con delicatezza feci scattare l'interruttore.
Il mio cuore s'illuminò.
 
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-Horus-
view post Posted on 27/5/2008, 17:08




Finalmente giunto nel deserto. L'aria secca, il cielo cupo, la terra spaccata dalla siccità. C'era la pace che solo la morte poteva dare, una pace di un altro mondo. Davanti a me le rovine di antiche città mai esistite, puro ignoto solidificato in blocchi di roccia, scolpita dallo scorrere impietoso del fiume del tempo.
Perfino il sole, sembrava avere un rispettoso timore di quel luogo. Sacro sacrilegio. Un sole foriero di strani colori saliva del crepuscolo, le ombre lunghe come orizzonti dipingevano le zolle spaccate su cui camminavo. Nuvole bianche e grigie scorrevano su un cielo velato, fumoso, mai libero e mai uguale.
Davanti a me le rovine parlavano fra di loro in un linguaggio morto, incessantemente, ogni parola risuonava di tutta l'antichità di cui era figlia.
In quella landa mentale mi avvicinai ad una porta di pietra, su di lei le statue di due demoni. Pazuzu e Belial mi gurdavano dai loro occhi solcati, potevo sentire le benedizioni piovere dalla loro presenza, a cui facevano eco solo il rumore delle crepe sulle statue.
La porta stava lì, chiusa ma non proibita. Ormai ero stato strappato al mio mondo, non era più saggio tornare a lui col pensiero, un uomo deve camminare in avanti. Consapevole di non avere scelte, del mio fiato sempre più corto e della folle paura che mi bagnava la mente, chiusi gli occhi e mi accorsi della volta stellata impressa nelle mie palpebre. Bagnando la terra col sudore, la mia mano spingeva la ruvida porta, uno scatto d'orgoglio e la porta si spalancava. Spalancata come l'arrivo della primavera, il mondo cambiava, ingoiato, come ingoia un serpente, da una luce famelica. Pace, nulla, ogni muscolo è rilassato. Davanti a me una luce bianca, coperta da un velo candido. Poi boiccioli che fioriscono continuamente e scompaiono, e finalmente l'origine del tempo.
Stava lì, aveva l'aspetto di una bambina, giaceva in piedi su un altare di cielo notturno condensato, giaceva da eoni da lei generati.
Fiumi di tempo liquido bagnavano un terreno che non esisteva, mentre lei generava il tessuto invisibile dello scorrere dei tempi, versandolo verso tutto ciò che non era lei.
La mia mente stava per spezzarsi quando fui abbagliato da una luce familiare, il mio sole, di nuovo al suo posto... nel vecchio mondo che avevo perso. Ma era nuovo, rinato dal suo sangue. Capii che il sangue era mio, perchè da me si genera il modno il mondo intorno a me, e questo sapeva il profumo di qualcosa di appena nato.
Finalmente sorridente, mi addormentai sotto un albero.
 
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-Horus-
view post Posted on 3/9/2008, 11:55




Abbastanza sdolcinata, però mi andava di scriverla:

"Da su il crinale guardava il cielo, era buio e le stelle balenavano di riflessi blu. Era un buio pieno, un ventre gravido di vita che si esprimeva in nuvole di scintille luminose. Guardando quel cielo sentiva uno strano calore salire nel suo corpo, una sorta di antico respiro caldo, uno sbadiglio di vita del quale non aveva ormai più ricordo. Col fragore del silenzio, sopra la sua testa, passava la grandiosa cometa, che attraversava i cieli come una spada dolce, che indica ma non ferisce. In quel luogo senza rumore, lui osservava l’astro che attraversava l’aria, tramite lui poteva scorgere pianeti lontani, pianeti dove la vita traboccava di vita. Poi si accorse di essere la cometa, e con tutta l’arrendevolezza del universo, cedette e si catapultò nel cuore del mondo"
 
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nightghost
view post Posted on 9/10/2008, 19:31




L’auto solcava lenta e pensierosa l’asfalto consumato, mentre le gomme lo accarezzavano. Leggere foglie d’autunno scendevano dal cielo, come una malinconica pioggia di pensieri. Il sole che timidamente si nascondeva dietro una grigia nube autunnale, illuminava debolmente i campi che avvolgevano la strada fino all’orizzonte. Il dondolare di strani gingilli appesi allo specchio retrovisore con una catenella, sembrava scandire il lento scorrere del tempo, mentre il guidatore immerso nei suoi pensieri come l’auto nei campi, si lasciava cullare dal mondo.
Tutto attorno sembrava vivo ma allo stesso tempo immobile, come se il mondo intero si fosse fermato per aspettare la decisione del nostro pensieroso guidatore. Ricorda vagamente quadri dove il soggetto è in bianco e nero, mentre il paesaggio attorno è dipinto di colori vivaci… Come se l’incredibile mole di pensieri fosse uscita dal corpo per dare colore a tutto ciò che ci sta attorno… Come l’erba sul ciglio della strada si curva sinuosamente al passaggio dell’auto, i pensieri e le emozioni che ne scaturiscono danno colore e vigore all’immagine…
Migliaia di fili d’erba che per un momento prendono vita perché noi li notiamo, consapevoli che molti altri passando non li noteranno nemmeno per sbaglio, e resteranno immobili in attesa che qualcun altro gli dia vita osservandoli con attenzione…
I pensieri della persona al volante sono come quei fili d’erba, un particolare che non hai mai notato ma che d’improvviso si anima nella tua mente prendendone incontrastato il controllo, per poi lasciare il testimone ad altri pensieri come lui, così la nostra testa come una nave in balia delle onde, prende il largo senza apparente controllo. La mente spesso vaga per sfuggire a pensieri che parrebbero ben piu’ reali, ma pensandoci bene, non poi così tanto. Come un terremoto nel nostro allegorico quadro vengono scossi i pensieri dall’irrimediabile realtà, e nel cataclisma che si è generato i superstiti storditi e confusi riescono a trovare conforto anche dalle piccole cose rimaste intatte, anche solo dalla fortuna che hanno di poter guardare ancora l’orizzonte, e veder sorgere il nuovo giorno. Sfuggendo dall’immagine buia scaturita in questa visione delle cose, notiamo che il mondo colorato dietro al finestrino rappresenta la felicità a portata di mano; quella felicità che noti solo quando sai che non hai altro da perdere e tutto attorno sembra così meraviglioso e irraggiungibile..

La lancetta arancione sfiora a malapena i settanta all’ora, nonostante la macchina sportiva.
Non c’è fretta di arrivare da nessuna parte, non c’è nessuno che aspetta, la meta da raggiungere è se stessi e a quanto pare questo è il momento migliore… Fossimo capitati anni fa avremmo visto questo ragazzo impegnato in un lungo viaggio -per le prospettive di allora- in sella ad una bicicletta, così da poter sfuggire ai pensieri piu’ pesanti ed inutili e trovare invece la realtà di se stessi. Non è così facile come sembra guardare le cose senza usare gli occhi. Soprattutto quando noi vogliamo a tutti i costi che qualcosa sia diverso, ma non per necessità, solo per la paura di affrontare un cambiamento. In realtà il problema principale è questo, la paura del cambiamento, la necessità dell’essere umano di adattarsi e limitarsi. Se pensiamo a quanto è sterminata e potente la nostra mente, è un controsenso cercare di limitarsi a poco. Eppure è consuetudine per l’essere umano medio.
- Mah..- Sbuffa, ruotando delicatamente il volante con il palmo della mano e le dita aperte. Attraverso gli spazi fra le dita, vediamo l’auto imboccare con tranquillità e scioltezza la curva verso sinistra. Guarda lo specchietto retrovisore con fare interessato, come se ci avesse sentiti sul sedile posteriore. Di una cosa siamo certi, pensava le stesse cose.
 
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-Horus-
view post Posted on 22/11/2009, 18:38




"Nonostante da tempo imperversasse la crisi economica e la gente faticava ad arrivare alla fine del mese, loro si incontravano ugualmente.
Non erano in molti, forse un ventina, mentre erano sei erano quelli che dirigevano e coordinavano in prima persona le operazioni
Come ogni giorno si trovarono dopo mezzogiorno davanti alla chiesa del paese, il cielo era limpido e la piazza sembrava luminosa.. Con un sole cosi’ splendente anche i piccioni che di solito infastidivano i turisti apparivano come degli uccelli nobili.
Si riunirono nell’antro della cappella, in quella che in tempi antichi era un altare dedicato al culto di Venere, ma che ormai nessuno piu’ ricordava. Si riunirono come al solito, come ogni martedi’ della settimana, tutti disposti a cerchio in questa piccola ma accogliente stanza circolare. La luce filtrava libera dalle inferriate delle finestre, proiettando uno strano gioco di ombre e rendendo il momento ancora piu’ solenne.
I sei coordinatori erano persone di spicco, ben affermate nella societa’ e tutte apprezzate per la loro prodigalita’ verso il prossimo e il loro impegno nel sociale.
Gli altri venti li stimavano molto e li consideravano una guida importante, a tutti i livelli.
I sei si misero in maniera da formare un cerchio, ai loro piedi un mosaico ritraeva un il sole nero, che a dispetto del nome era un antico simbolo di iniziazione e di conoscenza. La meditazione inizio’, le venti persone si presero per mano rimanendo in piedi e chiusero gli occhi. Anche i sei li chiusero e rivolsero i palmi delle mani al simbolo sul pavimento. Erano convinti di poter veicolare tramite quel mezzo l’energia generata dai pensieri dei loro confratelli, dirigendola verso quella che chiamavano ‘coscienza collettiva’ ed inserire in essa le forme-pensiero generate.
Chiedevano un cambiamento, per il loro paese e per il mondo. Veicolavano pensieri genuini, desiderio di tornare alle origini, alla purezza che l’uomo aveva perduto mescolandosi senza ritegno con la sozzura del mondo. Anelavano ad un uomo dal sangue e dall’animo puro, che riconoscesse i segni della natura e che vivesse secondo le leggi della creazione e dell’evoluzione. Volevano un mondo di pace, un mondo pulito, un mondo unito e in armonia.
Dopo quaranta minuti la sessione era terminata, come di consueto si scambiarono amichevoli saluti e sinceri ringraziamenti; e con il cuore libero da fardelli ognuno ritorno’ alle proprie mansioni giornaliere. Tuttavia il gruppo era saldo e le intenzioni nobili; il circolo era destinato a crescere al di la’ di ogni aspettativa.
Qualche anno dopo raggiunsero il culmine dello splendore.
Le loro sessioni divenenro sempre piu’ elaborate e intrise di significati, e soprattutto sembrava che stessero davvero infondendo un forte cambiamento nel mondo. Ora erano una moltitudine, non si trovavano piu’ nella piccola cappella, ma in un antico castello concesso da un facoltoso confratello.
Decisero che il nome della nuova confraternita sarebbe stata “Thule” e che il simbolo dell’uomo nuovo a cui anelavano sarebbe stata la sacra swastica sanscrita..
Non sapevano che avevano innestato un seme che sarebbe maturato qualche anno dopo, gettando l’intero mondo nella piu’ grande e feroce guerra che mai si fosse vista.
Non sapevano che avevano creato quello che piu’ tardi sara’ conosciuto col nome di nazismo."
 
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-Horus-
view post Posted on 20/4/2010, 00:13




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L'auto fumante giaceva in fianco alla strada, il cofano stringeva in un abbraccio di lamiere il lampione dell’illuminazione pubblica.....
Nessuna poteva assistere a quella scena inghiottita dal buio della notte, in un luogo semideserto, in una strada che nessuno percorreva.....
L'uomo scese dalla macchina sorpreso di ritrovarsi praticamente illeso, profondamente scosso da ciò che aveva visto prima di perdere il controllo del mezzo, scossa dal ricordo della visione di quell'ombra viva che lo aveva impaurito fino a farlo uscire di strada.
Quella visione di un attimo era ora al primo posto fra tutti i suoi pensieri, prima ancora della sua incolumità, prima dei danni alla macchina, prima di voler capire dove si trovasse.....
Fece mente locale per capire cosa fosse successo, ricordò subito le due luci rosse circolari riflesse dallo specchietto retrovisore, luci troppo colorate e vicine fra di loro per essere i fanali di un auto... poi l'incredibile, i due tondi colorati che salivano fino al cielo sovrastando la vettura, e intorno a loro una figura nera, spettrale, un'ombra dalle grandi ali nere.....
Poi il botto ed ora la testa che doleva e la macchina che fumava.....
I suoi pensieri congelarono appena sentì dei rantoli sommessi provenire alle sue spalle, il loro ritmo terribilmente simile a quello di un respiro. Tutti i suoi nervi si tesero all’unisono e lungo la schiena si fece strada il più gelido fra tutti i brividi che avesse mai provato.....
Dietro di lui lo scrutava la tremenda creatura, alta almeno due metri e nera come l’ebano, le ali ripiegate sul corpo tozzo sorretto da gambe simili a quelle umane. La testa era sostenuta dal tronco, priva di collo, gli occhi rotondi ed immensi brillavano come due stelle di altri mondi......
L'uomo sentì la mente cedergli prima delle gambe, mosse un lento passo indietro guidato da puro istinto di conservazione, poi la paura gli si serrò intorno impedendo movimenti e pensiero. ....
Ed allora l'essere parlò.....
"Salve uomo".....
La voce era finta e profonda, più simile ad un suono continuo, estremamente basso, faticosamente modulato in consonanti e vocali. ....
Di fronte a tanto stupore ogni convenzione mentale era saltata, e l'autista rispose con un debole "salve" senza avere la forza di rendersene conto. ....
L'essere lo scrutava in silenzio.....
La domanda uscì da sola, irrazionale, come se l'uomo non potesse controllare ciò che diceva: "tu sei.. un dio?"....
Di nuovo la voce atonale: "Non lo sono, anche se comprendo la tua domanda".....
"cosa sei?" ....
"non comprenderesti"....
"cosa.. cosa vuoi da me?"....
"prenderti"....
A quella risposta, la leggera calma guadagnata dal pensiero di parlare con un essere senziente e forse ragionevole si spezzò, lacrime calde cominciarono a rigare le guance dell'uomo, lacrime di una sconosciuta disperazione che esulava gli umani tumori.....
"Non spaventarti, la paura è un'emozione inutile"....
"perchè proprio io? che ho fatto?"....
"non comprenderesti"....
"... mi mangerai?"....
"non mi servi per nutrirmi"....
L'uomo guardava lo strano essere provando una miscela di emozioni mai provate prima in tutti gli anni della sua vita. Era spaventato, ma provava anche uno strano senso di timore reverenziale per quella creature, era un qualcosa che non doveva e forse non poteva esistere; parlare con lei era come parlare con una porta aperta sull'infinito.....
"da dove vieni?" chiese....
"da un mondo"....
"un altro pianeta?"....
"no, ci sono mondi all'interno di mondi" ....
"non voglio venire con te"....
"tu sei mio”
Solo allora l’uomo notò il terribile odore di ammoniaca che impregnava l’aria, era così intenso da bruciargli il naso ad ogni suo rapido respiro.....
“sei un demone?”....
“no”....
“ma allora cosa… che cosa sei?” singhiozzava sconvolto....
L’essere taceva.....
Poi parlò “al mondo scompaiono molte persone, il mondo non è come pensate. Non è come lo pensate” la sua voce era veramente qualcosa di terribile.....
L’uomo non sapeva dove stesse per essere condotto, in che veste, né con chi o forse cosa.. ma tutto ciò non aveva più importanza, niente aveva più senso logico.
La sua mente piangeva.. che miseri gli uomini! Pensano di aver compreso il mondo solo perché hanno occhi per guardarlo e orecchie per sentirlo, ma non conoscono neppure la superficie di loro stessi. Guardano le stelle e prestano loro così poca attenzione, hanno l’infinito dentro di loro e lo rifiutano.....
Il misero umano, autista di automobile dai calzoni bagnati di lacrime, scomparve senza lasciare traccia insieme alla creatura.....
Nessuno li vide. ....
Il lampione dell’illuminazione pubblica si spense.....
 
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view post Posted on 21/4/2010, 21:00
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Orso Mannaro

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Dato che è troppo lungo ho messo il pdf.
Sono tre racconti che fanno partire una storia che inizia nel quarto, del quale però ne ho scritto solo metà per mancanza di tempo.
Il genere è un fantasy horror.

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nightghost
view post Posted on 9/2/2011, 11:37




Lo specchio rifletteva il suo volto, i capelli scendevano lucidi lungo la fronte. Stiamo osservando uno di quei pochi ragazzi ai quali piace il loro nome. Isaac era un nome che ricordava un famoso scienziato, ma anche un nome semplice e fluido da pronunciare, sicuramente più fluido di Einstein. E del resto sentiva come quel nome fosse adatto al caso: un ragazzino appassionato di fantascienza, che avrebbe desiderato apparire sul grande schermo come lo scienziato più importante di tutto il secolo, facendo qualche scoperta che avrebbe rivoluzionato la vita sulla terra. Molte persone ci sono riuscite, perché non potrebbe riuscirci lui? Ma dentro di se, conosceva la risposta. Si, c'è già stato un Isaac nella storia, non potrebbero essercene due: non ha mai sentito parlare di due Isaac famosi. Se ce ne fossero stati due, forse lui sarebbe stato il terzo, ma se non c'è manco un secondo, significa che il mondo non è disposto ad accettare troppi Isaac. Forse sarebbe diventato famoso con qualche soprannome? Oppure con il nome della sua stessa scoperta. Ma solitamente la scoperta scientifica prende il nome dallo scienziato, come può lo scienziato prendere il nome della scoperta? Sarebbe come scoprire se stessi. Ma certo! E cosa non fa uno scienziato, se non prima di tutto, scoprire se stesso? Scoprire le proprie passioni, le proprie potenzialità, per spingerle fino al massimo? Le maggiori scoperte e teorie le dobbiamo a persone che hanno sacrificato anni della loro vita per inseguire una passione, e l'hanno fatto perché lo sentivano dentro, perché anche loro avevano un nome che sarebbe diventato importante. Forse già sapevano quale sarebbe stato il loro futuro? Lo specchio iniziava ad appannarsi con il vapore che il corpo del ragazzo emanava. Isaac allungò l'indice verso il vetro, disegnando formule inventate come fosse una lavagna magica. L'acqua raccolta dal polpastrello correva verso il basso in piccole gocce che si lasciavano dietro una scia. A volte sembravano cambiare traiettoriai per evitare invisibili ostacoli. Si, quello è il percorso di una vita, in questo caso la vita di una goccia che scende lungo lo specchio. Ma non è molto differente da quella umana. Si continua per il proprio tragitto, spesso evitando invisibili ostacoli, piuttosto che affrontarli, allungando tremendamente un percorso che in realtà potrebbe essere molto più breve. Altre volte ci si ferma su veri e propri ostacoli che fino all'ultimo sono stati ignorati: troppo tardi. Lui non voleva ignorare gli ostacoli, il problema è che non riusciva a vedere davanti a se. Ecco qual'è il problema dell'uomo, come delle gocce. Loro non possono guardare avanti, sapere cosa avverrà e così, per sicurezza, a volte cambiano percorso anche senza motivo. Ma del resto se una goccia non facesse tutte quelle curiose deviazioni, la sua vita sarebbe breve e monotona, la sua scia sarebbe rettilinea e non avrebbe niente da raccontare a nessuno. L'uomo è molto avvantaggiato rispetto alle goccie: lui non può vedere il futuro, ma può benissimo ricordare il passato. La traccia lasciata dall'uomo gli insegna, se è disposto ad imparare, come percorrere nel migliore dei modi i percorsi futuri. Ma tutto questo non per riuscire a tracciare una linea retta, ma per creare un bellissimo disegno.

Isaac non lo sapeva, ma il suo disegno stava cominciando nel migliore dei modi.
 
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